L'art. 9 della Costituzione - Associazione Nazionale Magistrati | LA MAGISTRATURA (2024)

L'art. 9 della Costituzione - Associazione Nazionale Magistrati | LA MAGISTRATURA (1)

Commento all’art. 9 della Costituzione

di Loredana Nazzicone, consigliere della Suprema Corte di Cassazione

Art. 9 – La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.

Tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali.*

Abstract: L’art. 9 della Costituzione, nel testo definitivo approvato nella seduta del 22 dicembre 1947, dopo i persistenti e ripetuti tentativi di abolirlo attuati nei mesi precedenti, con il tempo si è rivelata una disposizione lungimirante. La stessa sua collocazione tra i “principi fondamentali” è particolarmente felice, perché indica la tutela di tali beni come irrinunciabile per il nostro Paese: non solo quale direttiva per il legislatore e parametro di legittimità per la Corte costituzionale, ma anche quale norma precettiva, idonea a fondare le decisioni dei vari soggetti dell’ordinamento. La norma considera, in un unico enunciato, il passato, il presente ed il futuro: vi si trovano, invero, l’eredità del passato («il patrimonio storico e artistico»), il presente che ci circonda e costantemente muta («il paesaggio») e la creatività delle conquiste future («la cultura e la ricerca scientifica»). Onde insegna che è necessario preservare il passato per progettare saggiamente il futuro.

*[L’articolo e il commento sono aggiornati alla luce dell’intervento approvato alla Camera in via definitiva il giorno 8 febbraio 2022 con la riforma che modifica l’articolo 9 e l’articolo 41 della Carta superando la generica difesa del paesaggio a favore della biodiversità e degli ecosistemi nell’interesse delle prossime generazioni. L’articolo 9 è integrato con l’aggiunta della frase «Tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali».].

Parole chiave: Paesaggio – Ambiente – Patrimonio culturale – Patrimonio artistico

  1. Una disposizione lungimirante.

L’art. 9 della Costituzione, nel testo definitivo approvato nella seduta del 22 dicembre 1947, dopo i persistenti e ripetuti tentativi di abolirlo attuati nei mesi precedenti, è una disposizione lungimirante.

Già la stessa collocazione dell’art. 9 tra i “principi fondamentali” è particolarmente felice, perché indica la tutela di tali beni come irrinunciabile per il nostro Paese, non solo quale direttiva per il legislatore e parametro di legittimità per la Corte costituzionale, ma anche quale norma precettiva idonea a fondare le decisioni dei vari soggetti dell’ordinamento.

Nell’art. 9 Cost., il costituente ha unito la promozione della cultura e della ricerca scientifica e tecnica con la tutela del paesaggio e del patrimonio storico e artistico.

La norma contiene, in tal modo, l’eredità del passato («il patrimonio storico e artistico»), pur in continua evoluzione («il paesaggio»), in una con la creatività delle conquiste future («la cultura e la ricerca scientifica»).

È necessario preservare il passato per progettare saggiamente il futuro.

Lo sguardo al passato è chiarito dal verbo «tutela», quello al futuro dal verbo «promuove».

A tale prospettiva, non era estranea la coscienza dello speciale valore per l’Italia della cultura e della sua eredità di storia e di bellezza[1].

Alcuni hanno pensato di riassumere i contenuti dell’art. 9 Cost. con riferimento agli elementi fondamentali, sia nella loro autonomia che nell’interazione umana: l’acqua, con i molteplici suoi usi alimentari, idrici, industriali, di trasporto; la terra, quale bene agrario, nonché paesaggio ed ecosistema da mantenere integro; l’aria, indispensabile alla vita, ma anche mezzo di comunicazione via etere; il fuoco, inteso come energia rinnovabile ed ecocompatibile.

La disposizione attiene, dunque, a valori che non hanno come fulcro unicamente la persona umana, secondo una visuale che non sarebbe ormai più proponibile.

Tutto ciò già si era ricostruito sulla base del testo originario: le recenti modifiche, di cui si sarà conto nell’ultimo paragrafo, hanno esplicitato e puntualizzato tali valori da tutelare.

  1. La natura primaria dei beni tutelati.

I beni contemplati dalla norma hanno valore «primario» ed «assoluto».

Tutte le giurisdizioni hanno concorso all’affermazione di questo principio.

La Corte costituzionale reputa, in particolare, il paesaggio – non solo quale forma del territorio, ma anche, in connessione con alcune altre previsioni costituzionali, quale parte dell’ambiente – un bene primarioe assoluto della Repubblica.

Si tratta di un valore non disponibile, non esposto alla mutevolezza degliindirizzi politici e comunque da preferire nelle scelte amministrative: esso è preminente rispetto alle esigenze urbanistico-edilizie, alla libera iniziativa economica e al diritto di proprietà[2].

Il giudice amministrativo, dal suo canto, afferma che la funzione di tutela del paesaggio affidata all’amministrazione è estranea a ogni forma di attenuazione, determinata dal bilanciamento o dalla comparazione con altri interessi, ancorché pubblici, che di volta in volta possano venire in considerazione.

Si è fatta strada la tesi secondo cui, all’esito di un’approfondita analisi comparativa mirante a valutare il sacrificio ambientale imposto rispetto all’utilità socio-economica, sia ammessa, tenuto conto delle alternative possibili, la c.d. opzione-zero, in una prospettiva di “sviluppo sostenibile” e nella logica di una dovuta proporzionalità tra consumazione delle risorse naturali e benefici per la collettività[3].

In tal senso, è interessante l’evoluzione delle interpretazioni nel corso di un secolo: se, nella legge Croce dell’11 giugno 1922, n. 778, sulla tutela delle bellezze naturali e degli immobili di particolare interesse storico, «le bellezze naturali sono la soglia di accettabilità politica, in termini di eccezione estetica, al regime della proprietà»[4] – donde l’esigenza di motivare non l’autorizzazione, ma il diniego alla modifica del paesaggio come limite alla proprietà privata – oggi, invece, si afferma proprio il contrario: in presenza di vincoli insistenti sul territorio, non il provvedimento di diniego, ma quello di assenso alle modificazioni richiede una congrua motivazione, la quale dia conto delle ragioni che rendono possibile la prevalenza di un interesse diverso da quello tutelato in via primaria dalla previsione del vincolo[5].

Il giudice civile ha del pari definito tali beni oggetto di un «interesse pubblico fondamentale, primario e assoluto, imponendo allo Stato un’adeguata predisposizione di mezzi di tutela, per le vie legali, amministrative e giudiziarie»[6].

Ha, così, ritenuto possibile fondare una tutela risarcitoria sulla violazione dei vincoli imposti dai regolamenti edilizi a tutela del paesaggio, stante la natura normativa dei regolamenti stessi e la duplice direzione della loro tutela, con riguardo all’interesse pubblico ed agli interessi privati[7].

Ha affermato, altresì, che, ad esempio, la modificazione del regime delle acque nel territorio dei parchi naturali è vietata in astratto dalla legge sulle aree protette, indipendentemente da ogni apprezzamento circa la sua concreta pericolosità[8].

In sede penale, tanto più è netta l’affermazione sulla rilevanza dei fini dell’ordinato sviluppo del territorio e della salvaguardia dell’ambiente, quest’ultima espressamente ricondotta alla «copertura costituzionale» di cui all’art. 9 Cost., non disgiunta dall’«interesse della collettività all’effettiva applicazione della legge»[9].

Si noti che tale visuale è in sintonia con le sentenze della CEDU, la quale esclude la violazione dell’art. 8 della Convenzione, in tema di diritto all’abitazione, in presenza di un ordine di demolizione di abitazione abusiva, costruita su terreno forestale in consapevole disprezzo dei divieti di legge[10].

  1. Il patrimonio storico e artistico.

La Costituzione si è posta il problema della tutela dei beni provenienti dal passato, in un luogo come l’Italia, ove le opere della cultura e dell’arte sono innumerevoli.

Se si scava nel sottosuolo di Roma per realizzare una qualsiasi costruzione, ci si imbatte prima nelle tracce del periodo rinascimentale e barocco, quindi in quelle del medioevo e del periodo romano; sino alle tracce primitive di Roma e forse in quelle antecedenti alla sua nascita.

Di conseguenza, le leggi ordinarie da tempo hanno previsto vincoli ed obblighi con riguardo ai beni pubblici e privati, correlati al pregio storico o artistico del bene, proprio quale riflesso della tutela costituzionale loro garantita dall’art. 9, comma 2, Cost.[11].

  1. Il paesaggio.

4.1. Dalle bellezze naturali al paesaggio integrale.

Il «paesaggio» non viene definito nella Costituzione, in tal modo offrendo spazio alle interpretazioni adeguatrici.

Nel periodo antecedente alla carta costituzionale, come pure nelle prime interpretazioni dell’art. 9, il paesaggio era inteso come bellezza naturale: uno specifico luogo, connotato da caratteri di particolare suggestione ed amenità, in un concetto in larga parte soggettivo.

Di conseguenza, l’oggetto di tutela era assai limitato, dato che – a contrario – sussistevano così ampi ambiti di territorio privi di ogni protezione.

Era la concezione estetizzante del paesaggio, il bello di natura, da tutelare in una prospettiva conservativa attraverso i vincoli di immodificabilità. Di conseguenza, trovavano protezione aree di ridotte dimensioni, costituite da un singolo bene o, nella migliore delle ipotesi, da bellezze panoramiche poco estese, le quali erano protette in virtù della loro capacità di appagare il gusto estetico.

Invariato l’enunciato, le interpretazioni si sono gradualmente evolute: l’accostamento tra le nozioni, operato nell’art. 9 Cost., ha permesso invero di attualizzare il testo costituzionale, estendendo la tutela non al solo paesaggio quale creazione originaria ed eminente della natura, ma al prodotto dell’interazione storica tra uomo e natura, con la correlata esigenza di «regolazione conformativa globale del territorio»[12].

Donde la regolazione di ogni intervento umano atto ad incidere sugli elementi costitutivi del paesaggio, nonché la negazione che lo ius aedificandi costituisca una facoltà insita nel diritto di proprietà fondiaria.

Infatti, l’art. 2, comma 3, d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, Codice dei beni culturali e del paesaggio, afferma: «Sono beni paesaggistici gli immobili e le aree … costituenti espressione dei valori storici, culturali, naturali, morfologici ed estetici del territorio, e gli altri beni individuati dalla legge o in base alla legge»; e l’art. 131, comma 1: «Per paesaggio si intende il territorio espressivo di identità, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali, umani e dalle loro interrelazioni».

La Corte costituzionale, pertanto, ha affermato che la tutela non riguarda solo i singoli elementi, ma l’intero ambiente antropico, il «paesaggio, inteso come morfologia del territorio, cioè l’ambiente nel suo aspetto visivo. In sostanza, è lo stesso aspetto del territorio, per i contenuti ambientali e culturali che contiene, che è di per sé un valore costituzionale»[13].

La tutela diviene quella del paesaggio integrale.

La visuale unitaria del paesaggio ha permesso al giudice delle leggi di ritenere legittimi i vincoli posti ad aree molto vaste, come la campagna romana, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali, umani e dalle reciproche interazioni[14].

Si noti, infine, che le vigenti Costituzioni degli Stati membri dell’Unione europea, salvo Malta, Germania e Portogallo, cui deve aggiungersi la Svizzera, non menzionano il affatto concetto di paesaggio nella sua tipica accezione culturale ed estetica, e sono, invece, caratterizzate prevalentemente per l’attenzione a temi di natura ambientale, quali lo sviluppo sostenibile e la salubrità ecologica del territorio, come diritto-dovere sia dello Stato sia degli individui[15]. Il che, per la verità, non è poco.

Restano, peraltro, alcune oscurità: ad esempio, non è stato ancora chiarito dal diritto positivo se il “centro storico” sia un bene culturale o un bene paesaggistico[16].

4.2. Dal paesaggio all’ambiente.

Nel 1947, allorché la Costituzione fu scritta, non si parlava ancora di «ambiente», come bene da tutelare o interesse della collettività.

L’accostamento tra i concetti, operato già nel testo originario dell’art. 9, aveva permesso peraltro di estendere la tutela – oltre il mero paesaggio naturale ed i beni artistici o storici, e pur nella perdurante differenza concettuale – anche all’ambiente.

La tutela costituzionale dell’ambiente, nel suo complesso, è stata infatti fondata sul combinato disposto degli artt. 2, 3, 9, 32, 41, 42 e 117 Cost.

Al mutare delle interpretazioni, hanno concorso le importanti istanze culturali provenienti dalla società.

Basti riflettere a quanti scempi del territorio nazionale siano stati permessi tra la legge del 1939 (l. 29 giugno 1939, n. 1497, Protezione delle bellezze naturali) e la disciplina dapprima della legge-ponte 6 agosto 1967, n. 765, e poi del d.l. Galasso 27 giugno 1985, n. 312, Disposizioni urgenti per la tutela delle zone di particolare interesse ambientale (convertito dalla l. 8 agosto 1985, n. 431): invero, prevalsero le istanze della ricostruzione, della espansione e delle opere pubbliche, senza che un argine a ciò fosse posto dalla collocazione dell’art. 9 fra i principi fondamentali della Costituzione.

Né può trascurarsi come, pure all’interno delle esigenze di tutela, sussistano interessi confliggenti: i pannelli fotovoltaici, le pale eoliche, le dighe del micro-elettrico, gli impianti a biomasse raramente si conciliano con la tutela del paesaggio[17].

Ormai la Corte costituzionale accosta in un unico sintagma la «tutela paesistico-ambientale»[18], affermando che «l’integrità ambientale è un bene unitario … che deve, pertanto, essere salvaguardato nella sua interezza»[19] e che paesaggio ed ambiente sono «un’endiadi»[20]. E parla di «diritto a vivere in un ambiente non inquinato»[21].

L’art. 9 cost. permette, così, non solo la tutela del paesaggio, ma di un «insieme dei valori inerenti il territorio, concernenti l’ambiente, l’eco-sistema ed i beni culturali che devono essere tutelati nel loro complesso, e non solamente nei singoli elementi che la compongono»[22], in quanto «l’ambiente rileva non solo come paesaggio, ma anche come assetto del territorio, comprensivo di ogni suo profilo, e finanche degli aspetti scientifico-naturalistici (come quelli relativi alla protezione di una particolare flora e fauna), pur non afferenti specificamente ai profili estetici, della zona»; ciò, secondo il «criterio dello sviluppo sostenibile e la logica della proporzionalità tra consumazione delle risorse naturali e benefici per la collettività che deve governare il bilanciamento di istanze antagoniste», nel corretto uso del territorio in senso ampio, «attraverso la cura e il bilanciamento della molteplicità dei (contrapposti) interessi, pubblici (urbanistici, naturalistici, paesistici, nonché di sviluppo economico-sociale) e privati»[23].

Insomma: non siamo più al territorio nazionale «inteso alla maniera di una mappa catastale secondo le coordinate binarie del lotto edificabile», ma alla tutela di un nuovo spazio, risultato della implicazione fra azione umana, specie viventi e ambiente naturale[24].

Per quanto riguarda il bene giuridico ambiente, il diritto civile, di fronte dell’emergere di nuovi interessi, reagisce replicando il modello proprietario: di qui, l’individuazione dell’ambiente naturale come “bene giuridico unitario” di natura pubblica[25].

Peraltro, l’affermazione di un diritto soggettivo all’ambiente è piuttosto un proclama di principio: nella teoria dei beni, a quelli in proprietà individuale si affiancano i beni di uso comune ed i beni di proprietà pubblica, anche funzionalizzata, i quali sono a godimento collettivo immediato o mediato da rapporti di concessione. Ma permane la bipartizione sancita dall’art. 42 Cost.; dove l’una e l’altra proprietà sono attrezzate alla cura di interessi-terzi: la proprietà pubblica per definizione, quella privata perché disegnata come sensibile a fini sovraindividuali.

La categoria più consona per l’ambiente è quella di bene pubblico funzionalizzato, settore in cui particolarmente necessaria la correlazione tra diritti e doveri[26]. Come ricorda il giudice delle leggi, non sarebbe infatti lecito permettere «l’illimitata espansione di uno dei diritti, che diverrebbe “tiranno” nei confronti delle altre situazioni giuridiche costituzionalmente riconosciute e protette, che costituiscono, nel loro insieme, espressione della dignità della persona»[27].

  1. La recente riforma costituzionale: la tutela dell’ecosistema.

Con tre brevi ed illuminanti articoli, la legge di riforma costituzionale approvata dal Parlamento sullo scorcio del 2021 ed in vigore immediatamente, dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, come previsto dall’art. 138 Cost., ha fissato ancora più chiari precetti.

Il nuovo secondo comma dell’art. 9 prevede espressamente che la Repubblica tutela «l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni» e pone la riserva di legge statale che «disciplina i modi e le forme di tutela degli animali», applicabile anche alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano, nei limiti delle competenze legislative ad esse riconosciute dai rispettivi statuti.

La tutela è completata mediante la modifica dell’art. 41 Cost., il quale ora prevede che l’iniziativa economica privata non può svolgersi in modo da recare danno, in primo luogo, «alla salute, all’ambiente», demandando alla legge ordinaria di determinare i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata «ai fini sociali e ambientali».

Come esposto sopra, si tratta di precetti già ricavabili, e ricavati, in via interpretativa dal precedente sistema: ma, come accade in simili evenienze, la modifica ha un importante significato, anche ai fini di guida ermeneutica per le vicende a venire.

Ora l’ambiente è tutelato in sé, nella sua complessità di vita e in modo oggettivo, prima ancora che come utilità per le persone titolari di un diritto soggettivo. Se il bene è l’utilitas giuridicamente ricondotta ad una cosa, l’ambiente diviene sì oggetto di diritti ed interessi: ma, prima ancora, richiede l’adempimento di doveri, gravanti sugli enti pubblici deputati alla sua salvaguardia, nonché su ciascun cittadino chiamato tenerne conto nell’ambito di qualsiasi scelta di condotta.

  1. La recente riforma costituzionale: la tutela degli animali.

Per quanto riguarda la tutela degli animali, la modifica costituzionale è di grande rilevanza.

L’ordinamento vigente distingue gli animali selvatici, i quali ricevono protezione attraverso la legislazione che regolamenta la caccia e individua le specie protette, e gli animali addomesticati dall’uomo, tradizionalmente definiti “da reddito”, in quanto utilizzati per il lavoro e per la produzione, e “da compagnia” o “d’affezione”.

La previsione esplicita di tutela della «biodiversità» e degli «ecosistemi» vale a ricomprendere nella protezione tutti gli esseri viventi in generale, non solo gli animali, in particolare quelli d’affezione, la cui relazione con gli individui certamente merita una tutela rafforzata, perché la violazione è idonea a ledere più beni ed interessi.

La tutela degli animali ha ricevuto, nel corso degli anni, un sempre maggiore riconoscimento, sul piano internazionale ed interno.

Quanto al primo, la Dichiarazione Universale dei diritti degli animali, proclamata a Parigi presso la sede dell’Unesco il 15 ottobre 1978, ha sancito il rispetto di ogni forma di vita, all’art. 1 affermando che «Tutti gli animali nascono uguali davanti alla vita e hanno gli stessi diritti all’esistenza»; ma non ha rilievo giuridico.

Il primo provvedimento a valenza giuridica è stata la Convenzione Europea per la protezione degli animali da compagnia, firmata a Strasburgo il 13 novembre 1987 e ratificata in Italia con la l. 4 novembre 2010 n. 201. Essa stabilisce che «l’uomo ha l’obbligo morale di rispettare tutte le creature viventi», sottolineando «l’importanza degli animali da compagnia a causa del contributo che essi forniscono alla qualità della vita e dunque il loro valore per la società».

Il Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, firmato a Lisbona da 27 Paesi dell’Unione il 1° gennaio 2009 e ratificato dall’Italia con l. n. 130 del 2008, all’art. 13 ha riconosciuto gli animali come esseri “senzienti”, imponendo di conseguenza al legislatore di tenere in considerazione tale status giuridico nel processo di formazione delle norme comunitarie.

Si segnala anche la direttiva 2003/15/Ce, la quale ha incluso nel veto sia la realizzazione sul territorio degli Stati membri di sperimentazioni animali, sia l’immissione sui relativi mercati di cosmetici, la cui formulazione finale (ingredienti o combinazioni) risulti oggetto, allo scopo di conformarsi alle disposizioni della direttiva medesima, di una sperimentazione animale con un metodo diverso da un metodo alternativo, dopo che quest’ultimo sia stato convalidato e adottato a livello comunitario. Non avendo la commissione ravvisato la necessità di proroghe, l’11 marzo 2013 si è completato il lungo iter di progressiva eliminazione della sperimentazione animale. ai fini della valutazione della sicurezza dei cosmetici[28].

Dal punto di vista della legislazione interna, una maggiore attenzione agli animali si è manifestata agli inizi degli anni novanta, allorquando sono stati approvati importanti interventi normativi: la l. 14 agosto 1991, n. 281, Legge quadro in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo, voluta per tutelare gli animali da compagnia e per prevenire il fenomeno del randagismo, che ha demandato alle regioni i compiti attuativi; e la l. 22 novembre 1993, n. 473, Disposizioni concernenti il divieto di maltrattamento degli animali, nonché di impiego degli stessi in combattimenti clandestini o competizioni non autorizzate, che ha tutelato gli animali, domestici e selvatici, da ogni forma di maltrattamento, incrudelimento ed uccisione gratuita, non più semplicemente in via indiretta, come avveniva in passato sulla premessa della mera offesa al sentimento degli uomini, ma in via diretta, nella convinzione che il maltrattamento è comportamento contro un altro essere.

In tal modo, nell’ordinamento nazionale la disciplina in materia di animali si è sviluppata nel corso degli anni, attribuendo ruoli, ambiti di intervento e responsabilità dei soggetti coinvolti.

Un altro caposaldo, che ha profondamente modificato l’assetto normativo in tema di tutela giuridica degli animali, è stata la l. 20 luglio 2004, n. 189, recante Disposizioni concernenti il divieto di maltrattamento degli animali nonché di impiego degli stessi in combattimenti clandestini o competizioni non autorizzate, con cui è stata superata l’impostazione originaria del codice penale, che relegava la tutela degli animali, dal punto di vista repressivo, alla sola previsione contravvenzionale di cui all’art. 727 c.p.

La legge n. 189 del 2004 ha introdotto quattro nuove fattispecie delittuose: art. 544-bis (uccisione di animali), 544-ter (maltrattamento di animali), 544-quater (organizzazione di spettacoli che comportino sevizie o strazio per gli animali) e 544-quinquies c.p. (combattimenti tra animali che ne mettano in pericolo l’integrità fisica), mediante la creazione di un titolo autonomo, il IX-bis, dedicato ai «delitti contro il sentimento per gli animali» del libro secondo del codice penale, modificando altresì il testo dell’art. 727 c.p., ora rubricato «abbandono di animali», ed inserendo inoltre una nuova previsione, l’art. 544-sexies c.p., secondo cui, in caso di condanna o di applicazione di pena concordata per i delitti predetti diversi dalla uccisione, è prevista la confisca obbligatoria dell’animale, salvo che appartenga a persona estranea al reato[29].

Purtuttavia, nel sistema attuale gli animali vengono dalla giurisprudenza di legittimità ancora considerati “cose mobili”, oggetto di diritti reali e di rapporti negoziali, non certo, invece, soggetti di diritti, in quanto privi della capacità giuridica. La comune espressione “diritti degli animali” è dunque intesa dalla Cassazione civile in senso atecnico e agiuridico, con essa intendendosi riferire non già alla inconfigurabile titolarità di diritti soggettivi da parte degli animali, ma al complesso della tutela giuridica che il diritto pubblico appresta in difesa di quegli esseri viventi[30].

Analogamente, per la Cassazione penale, gli animali d’affezione o da compagnia rientrano tra le cose mobili suscettibili di costituire oggetto di furto[31]; ma non mancano pronunce, le quali hanno affermato che, in ispecie per effetto della menzionata l. 22 novembre 1993, n. 473, definita un «passaggio storico», è accaduto che «l’animale di affezione non è più un mero oggetto nel nostro ordinamento, ma un soggetto, capace di emozioni proprie e, soprattutto, in grado di sviluppare forti legami di affetto con il padrone e con la famiglia che lo accoglie»[32].

In ogni caso – nell’àmbito della tutela degli animali in sé e nella relazione con le persone – deve essere attribuito un rilievo autonomo non al mero danno patrimoniale, ma anche al danno non patrimoniale, in presenza di pregiudizio recato da terzi all’animale ed a chi abbia con esso instaurato una relazione affettiva (artt. 2043, 2059 c.c.).

Del resto, lascia tuttora molto insoddisfatti il disposto dell’art. 19-ter disp. coord. c.p., del pari introdotto dalla l. n. 189 del 2004, per il quale le disposizioni di tutela del Titolo 9-bis citato non si applicano ai casi previsti dalle leggi speciali in materia di caccia, di pesca, di allevamento, di trasporto, di macellazione degli animali, di sperimentazione scientifica sugli stessi, di attività circense, di giardini zoologici, nonché dalle altre leggi speciali in materia di animali e che le medesime disposizioni non si applicano, altresì, alle manifestazioni storiche e culturali autorizzate dalla regione competente. La ratio ispiratrice della norma è quella di escludere l’applicabilità delle norme penali poste a tutela degli animali con riferimento ad attività obbiettivamente lesive della loro vita o salute, a condizione che siano svolte nel rispetto delle normative speciali che le disciplinano, perché considerate socialmente adeguate al consesso umano.

Ma questa visuale antropocentrica è sempre meno sostenibile, come ormai si è palesato.

Per verità, si comprende che le sentenze spesso mirino proprio ad assicurare la tutela in simili casi, pur applicando fattispecie sorte, a volte, in contesti diversi o inattuali: nell’acquisita consapevolezza del legislatore sulla natura senziente, in senso fisico come psichico, degli animali.

A titolo di esempio di tale attitudine, si ricordano le pronunce, che hanno ritenuto integrato il reato di maltrattamento di animali nel caso di utilizzo di animali vivi come esca per la pesca sportiva[33] o per la caccia, dove l’utilizzo di animali da richiamo è vietato non solo nelle ipotesi previste espressamente dalla legge, ma anche quando sia attuato con modalità incompatibili con la natura dell’animale[34]; del pari, con riguardo all’attività circense, l’insieme delle disposizioni in materia è stato ritenuto frammentano e, quindi, inidoneo a permettere una ampia operatività della scriminante ex art. 19-ter disp. coord. c.p.[35]. Nessuna “zona franca”, dunque, per gli esercenti le attività ivi menzionate.

Meritano menzione anche quelle sentenze del giudice amministrativo, che hanno annullato le ordinanze comunali, le quali vietavano «nel perimetro urbano di somministrare cibo ad animali vaganti sul territorio»[36] e ritenuto illegittimo il divieto, imposto dal comune, di somministrare alimenti a cani e gatti randagi con contenitori sulle aree pubbliche[37].

Tutto ciò indica, prima ancora delle recenti modifiche costituzionali, una concorrente e comune coscienza circa il rilievo primario dei beni tutelati dall’art. 9, posto in relazione alle altre disposizioni degli artt. 21, 32, 33, 41 e 117 Cost.

E possiamo davvero convenire che non c’è una causa piùurgente, né più giusta, del proteggere il futuro della nostra specie[38]: indissolubilmente, però, legata alle altre.

BIBLIOGRAFIA

AA.VV., La tutela degli animali nell’ambito del contesto europeo in una dimensione multidisciplinare, in Cultura e diritti, 2018, fasc. 1, 9.

AMOROSINO S.,Il concetto giuridico dipaesaggio: evoluzione, amplificazione ed indeterminazione, in Riv. giur. urbanistica, 2020, 824

BRAY M., Gli stati generali del paesaggio: la bellezza salverà il mondo, in www.aedon.mulino.it, 2018, fasc. 1.

CAPONE N., L’invenzione del paesaggio – Lo spazio terrestre nella prospettiva costituzionale, in Politica del diritto, 2019, 47.

CARAVITA DI TORITTO B., CASSETTI L., MORRONE A. (a cura di), Diritto dell’ambiente, Il Mulino, Bologna, 2016.

CARAVITA DI TORITTO B., Dieci mosse per il governo dell’ambiente, in Riv. giur. ambiente, 1996, 413.

CARPENTIERI P.,Paesaggio, ambiente e transizione ecologica,in www.giustiziainsieme.it, 2021.

CERRINA FERONI G., Il paesaggio nel costituzionalismo contemporaneo – Profili comparati europei, in www.federalismi.it, 2019, fasc. 8.

CERVALE M. C., Usi civici, diritto civile e tutela del paesaggio: la nuova legge sui domini collettivi, in Rass. dir. civ., 2018, 1159.

GABBANI C., «Rappresentazione materiale e visibile»: la percezione visiva del paesaggio come oggetto di tutela, in Riv. giur. urbanistica, 2017, 251.

GIORGIO A., Ambiente versus paesaggio – Il «bene universale» paesaggio tra sviluppo e protezione sostenibile, Aracne, Roma, 2017.

GUZZO G. e DEL GRECO E., La tutela del paesaggio nell’attuale codificazione legislativa – Diritto fondamentale o diritto cedevole?, in www.ambientediritto.it.

LOTTINI M., La tutela degli animali d’affezione tra diritto italiano ed europeo, in Riv. quadrim. dir. ambiente, 2017, fasc. 1, 104.

LUMETTI M.V., Il centro storico, un iperluogo tra urbanistica, cultura, paesaggio e immaterialità, in Dir. e processo amm., 2018, 583.

NAZZICONE L., L’acqua iemale e il T.s.a.p., in Riv. dir. priv., 2021, 65.

PARINI G.A., La tutela degli animali di affezione all’interno del nostro ordinamento: «le metamorfosi», in Rass. dir. civ., 2017, 1548.

PASSANITI P., Il diritto cangiante – Il lungo novecento giuridico del paesaggio italiano, Giuffrè-Francis Lefebvre, Milano, 2019.

PENNASILICO M. (a cura di), Manuale di diritto civile dell’ambiente, Esi, Napoli, 2014.

PREDIERI A., Paesaggio, in Enc. dir., XXXI, Milano, 1981, 504.

PREDIERI A., Significato della norma costituzionale sulla tutela del paesaggio, in Urbanistica, tutela del paesaggio, espropriazione, Milano, 1969, 10.

PRIEUR M., Il ruolo del paesaggio nella realizzazione dei diritti dell’uomo, in Riv. quadrim. dir. ambiente, 2018, fasc. 2, 4.

SANTINI M., Ambiente e paesaggio tra conflitti valoriali ed istituzionali, in Urbanistica e appalti, 2020, 301.

SCARCELLA A., Sul bilanciamento operato dalla corte di Strasburgo fra l’interesse generale alla protezione dell’ambiente e delpaesaggioe l’ordine di demolizione di un manufatto abusivo quando l’immobile costituisca l’unica abitazione del proprietario, in Cass. pen., 2021, 359.

SEVERINI G., «Paesaggio»: storia italiana, ed europea, di una veduta giuridica, in www.aedon.mulino.it, 2019, fasc. 1.

SEVERINI G.,Culturalità delpaesaggioe paesaggi culturali, in Riv. giur. urbanistica, 2020.

TANZARELLA C.M., Disciplina dell’attività di cava tra tutela del paesaggio e modalità di utilizzo degli impianti di servizio, in Riv. giur. ambiente, 2017, 63.

TRAINA D.M., Il paesaggio nell’evoluzione del diritto urbanistico, in Riv. giur. urbanistica, 2019, 473.

[1] Così, all’Assemblea costituente, nella seduta del 22 dicembre 1947, l’intervento del deputato del gruppo misto Meuccio Ruini.

[2] Corte cost. 29 novembre 2017, n. 246, in Foro it., 2018, I, 773; Corte cost. 17 marzo 2010, n. 101, id., 2010, I, 2967; Corte cost. 7 novembre 2007, n. 367, in Giur. costit., 2007, 4075; Corte cost. 30 dicembre 1987, n. 641, in Foro it., 1988, I, 694; ancora più di recente, Corte cost. 21 dicembre 2020, n. 276.

[3] Cons. Stato, sez. IV, 2 marzo 2020, n. 1486, in Foro amm., 2020, 413; Cons. Stato, sez. II, 14 novembre 2019, n. 7839, id., 2019, 1790; Cons. Stato, sez. VI, 7 novembre 2019, n. 7603, in Merito, 2020, fasc. 2, 76; Cons. Stato, sez. V, 2 ottobre 2014, n. 4928, in Dir. e giur. agr. e ambiente, 2015, 171.

[4] P. PASSANITI, 2019, IX; N. CAPONE, 2019, 54.

[5] Cons. Stato, sez. IV, 8 febbraio 2021, n. 1156; Cons. Stato, sez. II, 26 febbraio 2020, n. 1421, in www.giustamm.it, 2020, fasc. 2; Cons. Stato, sez. IV, 10 dicembre 2018, n. 6937, in Foro amm., 2018, 2154; Cons. Stato, sez. VI, 2 gennaio 2018, n. 17, id., 2018, 21; Cons. Stato, sez. IV, 29 aprile 2014, n. 2222, id., 2014, 1074; T.a.r. Lombardia, sez. II, 14 febbraio 2020, n. 309, in www.giustamm.it, 2020, fasc. 2.

[6] Cass. 10 ottobre 2008, n. 25010, in Giust. civ., 2009, I, 2172; Cass. 10 ottobre 2008, n. 25011, ined.; Cass. 3 febbraio 1998, n. 1087, in Foro it., 1998, I, 1142; Cass. 19 giugno 1996, n. 5650, id., 1996, I, 3062; più di recente, ancora Cass. 4 febbraio 2016, n. 2198, in Riv. giur. sarda, 2016, I, 387; Cass. 20 maggio 2015, n. 10270, ined.

[7] Cass. 6 aprile 2018, n. 8532, ined.

[8] Cass., sez. un., 9 novembre 2012, n. 19389, in Dir. e giur. agr. e ambiente, 2013, 27.

[9] Cass. pen., sez. III, 11 settembre 2019, n. 48021, in tema di ordine di demolizione di immobile abusivo; Cass. pen., sez. III, 4 aprile 2019, n. 29508; Cass. pen., sez. III, 10 marzo 2016, n. 18949, sui reati edilizi, tutte inedite.

[10] Corte EDU 4 agosto 2020, Karninskas c. Lituania, in Cass. pen., 2021, 358; nonché Corte EDU 29 marzo 2010, n. 34044/02, Depalle c. France, § 81; Corte EDU 8 luglio 2008, n. 1411/03, Turgut c. Turchia, § 90; Corte EDU 12 giugno 2018, nn. 70520/10, Beinarovic c. Lituania, § 135; Corte EDU 21 aprile 2016, n. 46577/15, Ivanova e Cherkezov, c. Bulgaria, § 51; Corte EDU 17 ottobre 2013, n. 27013/07, Winterstein c. Francia, §§ 147-148.

[11] Corte cost. 5 aprile 2018, n. 72, in Foro it., 2018, I, 1866, la quale ha reputato legittime le disposizioni che prevedono un regime fiscale agevolato per detti beni.

[12] A. PREDIERI, 1969; A. PREDIERI, 1981.

[13] Corte cost. 31 maggio 2018, n. 113, in Foro it., 2018, I, 2597; Corte cost. 23 novembre 2011, n. 309, id., 2012, I, 16; Corte cost. 7 novembre 2007, n. 367, in Riv. giur. ambiente, 2008, 381; Corte cost. 5 maggio 2006, n. 182, in Giur. it., 2008, 41, e 5 maggio 2006, n. 183, in Giur. costit., 2006, 1865; si veda, altresì, Cons. Stato, Ad. plen., 14 dicembre 2001, n. 9, in Foro it., 2003, III, 382; per le foreste, interessante il parere Cons. Stato 24 giugno 2020, n. 1233, sulla pineta del Tombolo di Castiglione della Pescaia e Marina di Grosseto.

[14] Corte cost. 5 maggio 2006, nn. 182 e 183, citt. alla nota precedente.

[15] G. CERRINA FERONI, 2019, 5 e passim.

[16] M.V. LUMETTI, 2018.

[17] P. CARPENTIERI,2021, 6.

[18] Corte cost. 24 aprile 2020, n. 71, in Foro it., 2020, I, 1833.

[19] Corte cost. 18 luglio 1997, n. 247, Foro it., 1998, I, 712; Corte cost. 8 maggio 1998, n. 158; Corte cost. 17 marzo 1998, n. 68.

[20] Corte cost. 26 novembre 2002, n. 478, in Foro it., 2003, I, 1976; Corte cost. 27 luglio 2000, n. 378, in Urbanistica e appalti, 2000, 1183; Corte cost. 1° aprile 1998, n. 85, in Riv. giur. edilizia, 1998, I, 535; oltre alle tre fondamentali pronunce Corte cost. 15 maggio 1987, n. 167, in Foro it., 1988, I, 331, Corte cost., 28 maggio 1987, n. 210, id., 1988, I, 329 e Corte cost. 30 dicembre 1987, n. 641, id., 1988, I, 694.

[21] Corte cost. 23 marzo 2018, n. 58, in Foro it., 2018, I, 1073, sull’Ilva di Taranto; Corte cost. 9 maggio 2013, n. 85, id., 2014, I, 441, ancora sulla vicenda Ilva; Corte cost. 28 giugno 2004, n. 196, id., 2005, I, 327, in tema di condono edilizio; Corte cost. 19 luglio 1996, n. 259, id., 1997, I, 1664; Corte cost. 28 maggio 1987, n. 210, id., 1988, I, 329, che qualifica la «salvaguardia dell’ambiente come diritto fondamentale della persona ed interesse fondamentale della collettività». Sulla conservazione ambientale e paesaggistica, v. Corte cost. 31 maggio 2018, n. 113, citata supra alla nota 13, che ha dichiarato incostituzionale la legge della regione Lazio, la quale prevedeva la possibilità di sanare, sotto il profilo urbanistico, le costruzioni su terreni gravati da uso civico.

[22] Cons. Stato, sez. IV, 29 aprile 2014, n. 2222, cit. alla nota 5.

[23] Cons. Stato, sez. V, 2 ottobre 2014, n. 4928, cit. alla nota 3.

[24] Così CAPONE, 2019, 62.

[25] Cfr. Cass. 4 aprile 2017, n. 8662, in Danno e resp., 2017, 481, in materia di responsabilità per danno ambientale; Cass. 19 febbraio 2016, n. 3259, in Guida al dir., 2016, fasc. 15, 24; Cass. 6 maggio 2015, n. 9012, in Danno e resp., 2016, 646; Cass. 10 ottobre 2008, nn. 25010 e 25011, citt.; Cass., sez. un., 16 aprile 2007, n. 8955, in Riv. giur. edilizia, 2007, I, 1266, e Cass., sez. un., 16 aprile 2007, n. 8956, in Fisco 1, 2007, 2834, sulla valutazione di impatto ambientale. Si veda la fondamentale Cass., sez. un., 14 febbraio 2011, n. 3665, in Foro it., 2012, I, 564, sulle valli da pesca della laguna di Venezia.

[26] Cfr. NAZZICONE, 2021.

[27] Corte cost. 23 marzo 2018, n. 58 e Corte cost. 9 maggio 2013, n. 85, citt.

[28] Peraltro, dal momento, consta che in circa l’80% dei Paesi nel mondo la sperimentazione animale e la commercializzazione di cosmetici testati sugli animali sono tuttora consentite, e che alcuni cosmetici vengono testati sugli animali al di fuori dell’Unione, prima di essere nuovamente testati nell’UE con metodi alternativi e immessi sul mercato comunitario, nel 2018 il Parlamento europeo ha esortato l’Unione ad avviare un’iniziativa diplomatica per un divieto mondiale sulla sperimentazione dei cosmetici sugli animali prima del 2023.

[29] Il sistema è così lucidamente ricostruito da Cass. pen., sez. III, 14 novembre 2019, n. 16480, in Riv. pen., 2020, 718, che ha ritenuto possibile, in caso di sequestro degli animali, disp*rne, al fine di assicurarne un’adeguata protezione, l’affidamento temporaneo a soggetti privati disponibili ad accoglierli, in assenza di tempestive iniziative da parte delle associazioni a ciò preposte o del Comune; Cass. pen., sez. IV, 31 gennaio 2017, n. 18167.

[30] Così Cass. 25 settembre 2018, n. 22728, fra l’altro in Danno e resp., 2019, 70: la quale conclude che alla vendita di animali si applica il codice del consumo di cui al d.lgs. n. 206 del 2005, essendo superato l’inquadramento nella disposizione codicistica dell’art. 1496 c.c. sulla “vendita di animali”.

[31] Cass. pen., sez. V, 1° luglio 2019, n. 40438, in Foro it., 2019, II, 629.

[32] Cass. pen., sez. IV, 31 gennaio 2017, n. 18167.

[33] Cass. pen., sez. III, 14 dicembre 2018, n. 17691, la quale ha escluso la scriminante ex art. 19-ter disp. coord. c.p., affermando che la condotta è scriminata solo ove le attività siano svolte nel rispetto della normativa di settore: ma nessuna norma permette l’utilizzo, in materia di pesca, di piccioni vivi quale esca per la pesca del pesce “siluro”.

[34] Cass. pen., sez. III, 5 dicembre 2005, n. 46784, che ha ritenuto sevizia configurante maltrattamento l’utilizzazione come richiamo per la caccia di una cesena viva, imbracata con una cordicella e costretta mediante strattoni a levarsi in volo.

[35] Cass. pen., sez. III, 6 marzo 2012, n. 11606.

[36] T.a.r. Puglia, sede Lecce, sez. I, 22 marzo 2012, n. 525, in Foro it., 2013, III, 113; T.a.r. Puglia, sez. I Lecce, ord. 25 marzo 2009, n. 291; e v. T.a.r. Veneto, sez. III, 16 novembre 2010, n. 6045, in Ragiusan, 2011, fasc. 327, 267; nonché il parere reso a seguito di ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, Cons. Stato, sez. III, 16 settembre 1997, n. 883.

[37] T.a.r. Marche, sez. I, 23 novembre 2012, n. 753, in Foro it., 2013, III, 113.

[38] C. SAGAN, Billions and Billions: Thoughts on Life and Death at the Brink of the Millennium, Random House, 1997.

***

Loredana Nazzicone, Consigliere della Corte di Cassazione, dopo essere stata giudice della sezione commerciale e societaria del Tribunale di Roma. Ha partecipato alla commissione per la riforma organica del diritto societario del 2003 ed a quella di riforma del processo civile di cui alla legge delega del 2021.

Insegna Diritto commerciale e Tecniche di motivazione e di massimazione delle sentenze presso la Scuola di specializzazione per le professioni legali dell’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”.

È autrice di monografie e di numerosi saggi nelle materie del diritto dell’economia, diritto civile e diritto processuale civile. È direttore del Codice delle società, ne I Codici Commentati Giuffrè.

L'art. 9 della Costituzione - Associazione Nazionale Magistrati | LA MAGISTRATURA (2024)
Top Articles
Latest Posts
Article information

Author: Errol Quitzon

Last Updated:

Views: 6031

Rating: 4.9 / 5 (59 voted)

Reviews: 82% of readers found this page helpful

Author information

Name: Errol Quitzon

Birthday: 1993-04-02

Address: 70604 Haley Lane, Port Weldonside, TN 99233-0942

Phone: +9665282866296

Job: Product Retail Agent

Hobby: Computer programming, Horseback riding, Hooping, Dance, Ice skating, Backpacking, Rafting

Introduction: My name is Errol Quitzon, I am a fair, cute, fancy, clean, attractive, sparkling, kind person who loves writing and wants to share my knowledge and understanding with you.